Se solo sei mesi fa mi avessero detto che avrei partecipato ad una MaxiAvalanche a
1000km da casa, avrei mandato a stendere la persona che me lo stava dicendo.
Io sei mesi fa, a momenti, non avevo nemmeno una bici.
Ma la vita è così, mettici anche una cerchia di amici che praticano questo sport et voilà,
l’iscrizione è presto fatta.
L’avventura inizia già alla partenza quando Vera, l’unica ragazza del gruppo, si presenta
davanti al cancello di casa con “Furghy” , L’Opel Vivaro utilizzato per la trasferta.
Ci spetterà un lungo viaggio notturno, dove non mancheranno pause “bagno nel mare della
Costa Azzurra” pause caffè e innumerevoli altre pause “sciogli gambe”.
L’unico a non risentirne sembra sia Amedeo, il terzo ed ultimo passeggero, “raccolto” a
Moncalieri: ha dormito per quasi tutto il tempo, seduto nel posto finestrino, con la testa
appoggiata al vetro.
Il sole è ormai già alto quando raggiungiamo Ax-les-Thermes, giusto il tempo di una rapida
colazione a base di gallette di riso e caffè “all’Italiana” e ci uniamo al resto del gruppo, partito
il giorno prima.
A differenza di Cervinia, prima gara in vita mia in Mtb, in questa Maxi ci sarà un unico trail
sia per la qualifica che per le due manche.
Il percorso parte dalla cima, attraversa Ax-Bonascre, per poi finire nel centro abitato di Ax-
les-Thermes, a circa 10km di distanza, con un immancabile tratto urbano.
Non c’è poi molto spazio per superare (o essere superato, nel mio caso): tolti i primi 300
metri della partenza, il tracciato si butta a capofitto nel bosco con un’alternanza spettacolare
di flow, salti, radici scivolose e l’immancabile “scassato” proprio nella parte finale, quando i
tuoi polsi chiedono pietà, teatro delle più violente e rovinose cadute.
Proprio in questo tratto, complice le 24H e più ore di veglia assoluta, posso dire di aver
letteralmente “testato” la dura terra dei Pirenei.
Il venerdì passa così, tra seggiovie e singletrack, cercando di imitare i più esperti di me
memorizzando traiettorie, anticipi e punti pericolosi.
Sabato, qualifiche:
Fatico non poco ad abbandonare il comodo materasso di “Furghy”, il freddo poi non aiuta:
siamo circondati da nubi, anzi…ci siamo dentro!
Decidiamo di provare per l’ultima volta il percorso di gara, e in seggiovia l’occitania ci regala
un paesaggio incredibile: le nubi che prima ci avvolgevano ora sono un meraviglioso tappeto
bianco tra i Pirenei, da cui spuntano solamente le cime più alte, mentre il sole pensa a
scaldarci.
Tutti i partecipanti vengono chiamati in ordine di numero di gara e poi disposti in batterie, per
un totale di 4: parto nella stessa di Nik, nella fila davanti, e del Rustick, in primissima fila.
Con il numero 352, uno dei più alti, l’unico posto dove poter partire è in ultima fila: riuscirò
comunque a concludere in 29esima posizione nella categoria “Challenger”, a sole 4
posizioni dalla qualifica per il campionato Europeo.
Finiamo la giornata con una cena di gruppo, dove da veri sportivi l’acqua non è stata
toccata.

Domenica, gara:

Vengo svegliato da Nicholas e Zorzi che irrompono in salotto accendendo la luce, facendomi
rimpiangere della scelta di dormire sul divano dell’appartamento da loro affittato.
L’umore di tutti noi è alto, ma inizia a percepirsi la tensione pre-gara.
I qualificati all’europeo iniziano ad allontanarsi mentre sto ancora controllando la bici, e la
frase – “Ci vediamo giù” – non fa altro che accrescere la mia tensione: non parto in ultima fila
questa volta, dietro di me ho un intero esercito pronto ad investirmi al segnale della
partenza.
Il meteo sembra promettere, pure l’umidità che ha caratterizzato le scorse mattinate pare
averci lasciato tregua per affrontare al meglio le numerose radici esposte.
Attendo il turno in funivia con Vera e Gian Luca, fino a quando non vengono chiamate le
nostre lettere, consegnate in base ai risultati ottenuti in qualifica.
L’aria è fredda nonostante il sole splenda in cielo.
Sono circondato da centinaia di altre persone in attesa del via, le stesse che tra non molto
saranno “quelli da battere”.
Il commissario di gara, nel frattempo, alza il cartello del minuto.
Questa volta l’avversario non è il cronometro, il nome scritto su un foglio di carta appeso al
C.O sopra al tuo o la persona che incontro a fine gara: questa volta l’avversario è lì, accanto
a me: lo posso vedere intento a cercare la concentrazione, le sue mani stringere la presa sul
manubrio e finire i riti pre-partenza.
Con la mente ripercorro i 10 km di sentiero che mi separano dal centro abitato di Ax Le
Thermes.
Meno di 30 secondi.
L’aria è tesa, la saliva azzerata, lo stomaco chiuso e il battito accelerato, cerco di respirare
profondamente per stabilizzarlo prima di andare fuori soglia.
Maledico e ringrazio allo stesso tempo il Rustick per avermi incoraggiato a partecipare.
Meno di 10 secondi.
I rumori intorno si ovattano, non sono più un problema mio: tutta l’attenzione è rivolta quella
dannata fettuccia che tra pochi istanti si abbasserà.
La musica sparata a 1000 dalla casse si interrompe improvvisamente, poi il boato.
Spegni il cervello ora, Ale, ci sarà tempo per pensare: spingi forte, tieni la concentrazione
alta e fai il massimo che puoi.
Partire in seconda fila ha i suoi vantaggi: alla prima curva sono circa 20esimo, e riesco a
infilarne parecchi prima dell’inizio del singletrack.
Pochi minuti dopo, In un pezzo con dei tornanti a gomito, mi accorgo che dietro di me non
c’è nessuno, cerco quindi di scendere pulito senza esagerare, fiducioso del fatto che prima o
poi, qualcuno davanti a me, “esploderà” nel pezzo finale.
Arrivo al centro abitato in soglia massima, con gli avambracci k.o ma in dodicesima
posizione assoluta e quinto di categoria: mica male!
I ritmi di questa Maxi sono serrati, c’è solamente poco più di un’ora per risalire e riprendersi
in vista della seconda manche: giusto il tempo per cambiare perno ruota e disco posteriore,
messi entrambi al tappeto da un incontro ravvicinato con un sasso, che già sono uno degli
ultimi a presentarsi in griglia di partenza.
Cerco di posizionarmi in linea con la prima curva e scelgo un rapporto leggermente più
lungo rispetto a prima: sono deciso a salire a podio nei senior e la partenza è fondamentale.

“Turn Down For What” riecheggia nei Pirenei dando il segnale della partenza imminente, e
come prima ha inizio il countdown scandito dai cartelli: 2 minuti, 1 minuto, 30 secondi, 10
secondi, via.
Fisso con lo sguardo l’albero in fondo prima della curva e penso solo a pedalare,
sorpassando chi ha avuto più riflessi di me al “Via”.
Sono quinto all’holeshot e non intendo arrendermi: perdo alcune posizioni prima
dell’ingresso nel trail ma poco importa: la gara è ancora lunga e qualcosa succederà.
Riesco a percepire distintamente i rumori di due o più ruote libere scorrere a poca distanza
da me, potrei osare di più ma il ritmo del concorrente davanti mi piace e non mi ostacola.
In un tratto molto veloce e scassato purtroppo cado perdendo svariate posizioni, finendo la
gara nuovamente in 12esima posizione assoluta e quinto nella mia categoria.
Niente podio per me, ma ci pensa Vera, con un distacco di qualche minuto sulla seconda, a
portare in alto la bandiera italiana nella categoria femminile.
Risultati a parte, ancora una volta la MaxiAvalanche ha saputo regalarmi 4 giorni ricchi di
adrenalina, spirito sportivo e divertimento, condivisi in compagnia di vecchie e nuove
amicizie, facendo quello che più ci piace: lanciarsi giù da una montagna, con la bicicletta,
assieme ad altri 300 e più pazzi come noi.

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